Fiabe – Celeste

FIABE

Celeste era una ragazza di appena dieci anni, con capelli raccolti in una treccia bionda.

I suoi tratti erano dolci ed aggraziati e a detta di tutti, era la indiscussa coccola di mamma e papà.

I suoi occhi azzurri come il mare parlavano di lei. La loro trasparenza infatti denunciavano il suo carattere buono e remissivo ma al contempo tenace.

Celeste, figlia di un maestro elementare e di una fioraia, ebbe un’infanzia felice, il rapporto amorevole con i propri genitori che la “viziarono” coprendola di mille attenzioni; l’educarono al contempo a rispettare sempre il prossimo e prodigarsi per aiutare i più deboli.

Una cupa e triste mattina dove si presagiva che, qualcosa di nefasto era all’orizzonte, Celeste ancora in pigiama uscì dalla sua cameretta e si diresse in cortile a salutare Neve; un cagnone di qualche anno dal folto pelo maculato.

Neve però quella mattina non sembrava di buon umore come se presagisse che qualcosa di brutto ed oscuro si sarebbe calato di lì a poco.

Sdraiato a pancia sotto con il muso incollato al terreno non accennava nemmeno a scodinzolare come abitualmente faceva quando vedeva la piccola Celeste.

Solo allora Celeste capì che qualcosa le stava capitando, anche perché nessuno le aveva dato il buongiorno.

Come mai non vi era nessuno in cucina? La ragazzina si tolse le ciabatte e a piedi nudi corse alla scala che portava alla stanza dei genitori e salendo i gradini due a due, bussò alla porta della camera matrimoniale.

Con una voce bassa, flebile il padre rispose alla figlia:

“Vieni tesoro mamma non sta bene e sto aspettando il medico”

Celeste si accostò al padre ma vedendo la madre pallida e con un respiro affannoso le prese la mano e gliela baciò poi aggiunse:

“Mammina, guarisci presto, io ti voglio tanto bene!”

In quel momento il campanello suonò e Celeste corse a rispondere al citofono.

Il medico di famiglia era giunto e Celeste lo fece accomodare per poi indicargli la stanza dove si trovava la madre.

Il Dottor Chinaglia, amico e non solo il medico della coppia, invitò Celeste ad attendere fuori della stanza.

Celeste con occhi mesti acconsentì e si sedette sui gradini della scala attendendo che il medico visitasse la mamma.

La visita si prolungò e non solo, di lì a poco giunse un infermiere con una bombola d’ossigeno e delle flebo.

Celeste fu presa da un tremito di tutto il corpo ed il padre uscito per un attimo dalla stanza abbracciò la sua piccola, la strinse a sé e disse:

“Devi essere forte, la mamma è grave ma il medico vedrai ci aiuterà!”

Tornato nella stanza passarono due interminabili ore poi un urlo:

“Nooooooooooooooooo!”

Solo in quel momento Celeste entrò senza indugio, nella stanza e s’accorse che la sua mamma non respirava più; aveva le palpebre abbassate ed era bellissima.

Il padre con gli occhi gonfi e con lacrime copiose che gli rigavano il viso prese in braccio Celeste e se la strinse forte al petto e le disse:

“Mamma ora è un angelo nel cielo e ci guarda da lassù”.

Furono giorni concitati, in preparazione al funerale di quella fioraia, amata da tutto il paese e morta a soli quarant’anni per una disfunzione cardiaca.

Il giorno del funerale segnò anche per Celeste un cambio di vita.

Il padre affranto per la perdita della moglie non riusciva a concedere a Celeste degli spazi da trascorrere insieme ed al contempo si procurava mille lavoretti pur di non rimanere a casa a rimuginare sulla sua perdita.

Celeste, aveva perso quel solare sorriso che la contraddistingueva da tutte le altre coetanee.

Trascorsero i mesi e Celeste cercò in ogni modo di assecondare il padre e di rubargli un po’ d’affetto, ma quel papà era talmente cambiato che la ragazzina faceva fatica a riconoscere.

Irascibile e collerico e talvolta ubriaco, quando era a casa, Celeste era costretta a rifugiarsi nella sua stanza per non essere schernita o malmenata.

Dopo circa un anno e mezzo dalla morte della fioraia; il padre comunicò alla figlia che si sarebbe risposato e che avrebbe avuto oltre ad una nuova matrigna anche una sorellastra.

Triste e malinconica dovette accettare la situazione anche perché era minorenne.

Serafina, diventò così la matrigna di Celeste e Tecla la sua sorellastra.

Serafina era fisicamente e caratterialmente l’opposto della madre.

Bassa, con capelli ricci e mal tenuti simili ad un cespuglio di rovi, aveva una bocca molto pronunciata con labbra simili a quello di un canotto super gonfiato. Un trucco pesante agli occhi ed un rossetto sgargiante la rendevano assai volgare.

La figlia con capelli rosso fuoco, bassa anch’essa con due gambe paragonabili a due grossi prosciutti assecondava tutto ciò che diceva la madre ripetendo ogni frase come un pappagallo.

Le due s’impossessarono della casa e dapprima relegarono Celeste a vivere in una stanza destinata al disbrigo poi le imposero di fare da sola, le attività domestiche.

Celeste vista la situazione, una sera al calar del sole, calò dalla finestra delle lenzuola annodate e come una galeotta, fuggì da quella prigione.

A piedi raggiunse il centro del paese e si diresse verso l’abitazione di una zia che non vedeva da tempo ma che un tempo era molto legata alla sua mamma.

Suonò il campanello e in trepidante attesa rimase lì immobile davanti alla porta. Qualche minuto più tardi s’affacciò una signora dai tratti simili a sua madre, che nonostante fosse passato del tempo la riconobbe la ragazzina e la fece accomodare.

Celeste con lacrime gigantesche che le rigavano il volto, si sedette e disse:

“Scusami Odette, ma non ce la facevo più; avevo bisogno che qualcuno mi ascoltasse…”

Come un fiume in piena, la giovane raccontò per filo e per segno ciò che le era capitato alla zia, mostrando anche le ecchimosi e gli ematomi sulla schiena inferte dalle cinghiate del padre.

Odette impietrita, dal racconto della nipote, l’abbracciò e le promise che d’ora in poi si sarebbe occupata di lei.

Per prima istanza, la zia denunciò il padre per maltrattamenti verso la figlia con la conseguente perdita della patria potestà decretata dal giudice per il sussistere di violenza fisica e psichica nei confronti della minore; infatti il provvedimento del giudice di sottrarre Celeste, fu dettata da un preciso articolo di legge che se i genitori sono tossicodipendenti, alcolisti o abbiano coinvolgimenti con il mondo della prostituzione, vengono tolti i figli e affidati o a un familiare o ad un istituto.

Odette divenne a tutti gli effetti tutore di Celeste sino alla maggiore età o altrimenti se il padre avesse riacquistato la responsabilità genitoriale.

Negli anni, il padre nonostante fosse stato in una comunità non riuscì a perdere il vizio del bere e non si occupò più della figlia che, grazie agli insegnamenti della zia, studiò e si laureò con ottimi voti e divenne una famosissima cardiochirurga.

 

 

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