ZOE (vita)

Nel ridente Comune di Forlimpopoli in Emilia Romagna, una vedova senza figli viveva in una stamberga, fatta di pietra, ma al contrario di quello che si può pensare, sempre pulita.

Artemisia, aveva trentacinque anni con un corpo longilineo e dai lunghi capelli biondi raccolti in una grossa treccia.

 

 

Da qualche anno era rimasta vedova perché il suo primo e grande amore era morto per un’incidente con la moto.

Tutto da quel giorno, era cambiato e lei si vide costretta a rivoluzionare la sua vita che non aveva più introiti neanche per sfamarsi.

Il carattere della ragazza era solare, positivo e caparbio.

Nonostante le avversità non si fece prendere dallo sconforto ma abile com’era con filo ed ago, grazie agli insegnamenti di una mamma che faceva la sarta, ben presto iniziò una nuova attività.

Nel rione dove viveva, la conoscevano tutti e tutti le volevano bene perché era una ragazza assennata e con fermi valori morali.

Fu così che Gianni, soprannominato Mastro fornaio da tutti, si prese a cuore la giovane Artemisia e le sue misere finanze e le offrì di aprire la sua attività, come sarta, in un vecchio magazzino chiuso da diversi anni e che lui non usava.

 

Artemisia, felice di quella opportunità, immediatamente si adoperò a ripulire ed attrezzare il suo laboratorio.

All’inizio, arredò il magazzino con un grande tavolo, delle mensole, la vecchia macchina da cucire della mamma, un manichino, gessetti, forbici e qualche spagnoletto di filo con i colori base.

Scrisse tanti bigliettini descrivendo tutti i lavori di sartoria e le riparazioni che poteva fare ed andò a consegnarli in ogni abitazione.

Dopo pochi giorni, arrivarono i primi clienti ed Artemisia si mise al lavoro.

Mese dopo mese, puntuale rifinendo i capi con punti a mano ebbe molti riconoscimenti ed un negozio di abiti da bambino/a le commissionò un grosso ordine di abiti da cerimonia.

Artemisia accettò quell’ordine anche se comportava un grande rischio per la realizzazione di venti abitini in poco tempo.

Con lei fece venire a lavorare una ragazza orfana, diciottenne che proveniva da una città vicina, ma che aveva anch’essa imparato l’arte sartoriale dalla madre.

 

Comperati i tessuti, nastri, pizzi…e fatti i modelli per il maschietto e la femminuccia lì sottopose alla proprietaria del negozio che non solo lì approvò, ma le concesse di ricamare un suo piccolo logo che la identificasse.

Artemisia e Domitilla lige al loro lavoro dapprima si fecero una “scaletta” per descrivere gli steps(passi) da seguire su di una lavagna in modo tale che il lavoro fluisse senza intoppi.

Era da poco passata l’alba ed il cielo si presentava da neve.

Un cielo, lattiginoso e biancastro, era l’aspetto che rispecchiava perché carico di neve.

Domitilla bardata con sciarpa, berretto e guanti faticava ad aprire la serratura ghiacciata del portone del laboratorio; come per magia, finalmente la serratura scattò e spinto il portone sulla rotaia poté entrare richiudendolo alle spalle.

Posò la borsa sul tavolo e senza esitare accese una stufa che si trovava in fondo al locale.

Lentamente si spogliò dal piumino e sciarpa ed aprì i tendoni di due finestre.

Rimase per un attimo imbambolata alla visione di una copiosa nevicata, che appoggiava candidi fiocchi di neve sul davanzale della finestra.

Destata dall’incanto della neve, come al solito iniziò a segnare il tessuto prima di tagliarlo, ma una strana sensazione si stava impadronendo di lei.

Ebbe il presentimento che sotto al tessuto aleggiasse qualcosa di non definito.

Il tessuto sembrava prendere vita, per poi scomparire e ritornare inerme.

Sconcertata ed incredula di ciò che le sembrava aver visto, si recò al bagno e si risciacquò il viso e si rimise al lavoro.

Tutto proseguì normalmente sino all’arrivo di Artemisia.

Artemisia, entrò zeppa di neve e dopo essersela scrollata di dosso, salutò l’amica:

“Ciao, Domitilla tutto ok scusa il ritardo ma alla Posta c’era una lunga coda, ora mi metto a lavorare!”

Domitilla prima di rispondere all’amica, si guardò intorno come per cercare la conferma che quello che aveva visto fosse frutto della sua immaginazione ed iniziò:
“Ciao Artemisia, tu non ci crederai…”

Dette le prime parole una folata di vento caldo, dapprima avvolse le due ragazze, per poi incunearsi tra le stoffe come a soffiargli la vita.

Pochi minuti dopo da una piega del tessuto uscì una Fata e le ragazze quasi inebetite, per quello che si stava verificando caderono sedute.

La fata mignon per le sue proporzioni, in effetti, era assai graziosa e forse rispecchiava per il suo abbigliamento, i tempi moderni.

I suoi capelli pieni di boccoli blu assomigliavano tanto per intensità di colore a quelli di qualche cantante che oggi è sulla breccia, la gonna era una mini rosa ed il top a righe verticali luminescenti, bianco e blu.

Come tutte le fate volava, grazie a delle mini alette trasparenti e poteva apparire e sparire a piacimento.

Dopo essersi materializzata si posizionò sopra ad una macchina da cucire e fissando le due giovani sarte, disse:

“Non abbiate paura sono Milly la fatina delle sarte e se sono qui, è grazie ad una persona che ora è in un’altra dimensione, ma che ha sempre nel cuore Artemisia e mi ha incaricato di aiutarvi e sostenervi nell’attività che state iniziando.”

Artemisia a quelle parole sbiancò ed iniziò a sudare freddo. Nessuno mai aveva pensato a lei se non il suo grande amore e con voce fioca e tremolante chiese:

“Dimmi chi ti ha mandato da me? Mi stai prendendo in giro piccola Milly?”

Milly volò sulla sua spalla e allungandosi verso il suo orecchio le sussurrò:

“Giovanni, ma non dirlo a nessuno è un segreto tra me e te”

Milly si sedette sopra ad una vecchia macchina da cucire ed intimò alle ragazze di sedersi.

Ora, continuò la fatina, applicherò un po’ di magia per aiutarvi ma ricordate, l’incantesimo durerà una settimana; poi tutto tornerà come prima. Dovete ottimizzare al massimo questo tempo con gli aiuti che vi fornirò per incrementare il lavoro in modo tale da proseguire con le vostre “gambe”.

Milly vibrò nell’aria e con la sua bacchetta magica toccò le macchine da cucire. Queste da due divennero quattro ultramoderne con innumerevoli funzioni compreso il ricamo.

Non ancora soddisfatta, iniziò a roteare su sé stessa sino all’apparizione di due gatte.

Artemisia ringraziò Milly ma le chiese:

“Milly carissima, noi ti ringraziamo per l’opportunità che ci hai dato ma che ce ne facciamo di due gatte, che sono davvero un incanto, in questo momento che ci dobbiamo dedicare al lavoro?”.

Milly allora scoppiò in una fragorosa risata e rispose:

“Si, sono due bellissime micie, e così dovranno sembrare a tutti coloro che le vedranno questa settimana, ma loro potranno interloquire con voi ed aiutarvi nel lavoro. Finita la settimana potrete decidere se tenerle con voi o farle ritornare a Fantasilandia.”

Artemisia dopo quelle spiegazioni, abbracciò l’amica e le disse:

“Ora non ci ferma più nessuno! grazie a Milly e grazie a quella persona che ti ha mandato da noi e che rimane nel mio cuore.”

 

 

Ora continuò Artemisia desidero vedere MICIO e MICIA al lavoro.

In un “battibaleno” le due gattine si misero all’opera e cucirono i vestitini diligentemente e in poco tempo così da strabiliare Domitilla ed Artemisia.

Domitilla coniò il nuovo logo con il nome: Fashion Chicks

Furono ordinate delle piccole etichette in tessuto con la scritta con fili dorati.

Il lavoro sembrava proseguire nel migliore dei modi e Micio e Micia sembravano delle macchinette caricate a molla cucendo abitini senza mai fermarsi.

 

Dopo pochi giorni gli abiti da cerimonia erano pronti. Piccoli aggiustamenti, stirare gli abiti e tutto sarebbe stato pronto.

Artemisia caricato gli abiti nella Station Wagon si recò al negozio per consegnare la merce ordinata.

Gli abiti erano magnifici sembravano delle nuvole di pizzo e merletti per le bambine e quelli dei maschietti avevano un fascino incredibile.

La proprietaria del negozio fu talmente entusiasta che riordinò altri abiti e propose a Domitilla e d Artemisia di preparare una sfilata di moda che si sarebbe svolta a Milano.

Anche quest’esame venne superato dalle due ragazze che ebbero un grosso consenso sia da parte degli altri stilisti e sia dal pubblico e che riconfermarono la loro bravura e professionalità.

Tutti in Paese se acclamarono, ma le ragazze consce dell’opportunità fornitole,  non si dimenticarono mai di coloro che erano in difficoltà e che a loro volta cercarono di aitare offrendogli delle chance per migliorarsi.

 

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