All’Arrembaggio Corsari e Pirati
Fiabe
Siamo nel XVII secolo, ed è proprio in questo periodo il momento di maggior splendore per la PIRATERIA.
Le imprese e le scorrerie da parte dei pirati, si estendevano dapprima nel Mediterraneo in seguito, in questo periodo si erano spostate nel Mare dei Caraibi e nel Mare delle Antille grazie alle fiorenti attività commerciali.
Niente era lasciato al caso e l’impadronirsi di beni altrui per il proprio tornaconto s’era talmente sviluppato che le battaglie, gli assalti, le uccisioni erano ormai all’ordine del giorno.
La nostra narrazione, parte da questi luoghi che tanto hanno affascinato intere generazioni.
I villaggi dei Pirati, Bucanieri e Corsari erano nelle isole di Grand Cayman, Little Cayman e Cayman Brac.
Pirati e Corsari sebbene combattessero entrambi per impadronirsi del bottino delle navi che abbordavano erano diversi.
I primi, cioè i Pirati, erano uomini liberi e non agivano per nessun padrone o mandatario e le loro scelte erano da attribuirsi unicamente a sé stessi; i secondi, i Corsari agivano come i Pirati, ma avevano un’autorizzazione scritta da parte di uno Stato che gli dava il permesso di attaccare e saccheggiare navi avversarie al fine di danneggiare il commercio di atri Paesi.
Anche i Corsari usufruivano dei bottini per arricchirsi.
Le loro navi erano delle imbarcazioni a remi con grandi vele le “Galee”.
Molti erano i rematori, si pensi che un’imbarcazione di pirati contava anche più di cento uomini che remavano fino allo sfinimento.
In quel periodo oltre a queste imbarcazioni vi erano i galeoni.
Il Galeone era uno stupendo veliero da guerra, progettato per affrontare l’oceano a due ponti, quattro alberi (due a vele quadre e due a vele latine) ed era in uso dal 15° al 17° secolo.
Fu una mattina all’alba che dai villaggi dove risiedevano Pirati e Corsari, attraccato al molo, un grande veliero, attendeva il suo capitano per mollare gli ormeggi dopo aver caricato le derrate sufficienti al viaggio.
FLINT, nato in una famiglia di ladri e famosissimo per le sue imprese di pirateria, era pronto con la sua ciurma a riprendere il mare.
Al grido:
“Si SALPA!!”
Una grossa ancora, rumoreggia posandosi sul ponte e pian piano il veliero si stacca dalla banchina. Un giovane pirata agile e magro come un’acciuga si destreggia tra le corde delle vele ed issa sul pennone più alto la fatidica bandiera nera.
Questa bandiera aveva un preciso compito quello d’intimorire gli avversari a non combattere e aver salva la vita; in caso contrario la nave del nemico veniva attaccata e la bandiera nera, veniva sostituita con la Bandiera Rossa che stava a significare che, una volta ingaggiata la nave avversaria, l’equipaggio in fuga non avrebbe ricevuto alcuna pietà.
La vita a bordo era molto dura, ponti da pulire, le gomene e le sartie (cavo che sorreggeva l’albero) da riparare, le vele, i cannoni da pulire… e sovente i marinai durante la traversata si ammalavano e morivano.
Le derrate alimentari in mezzo al mare non potevano certo abbondare nelle lunghe attraversate ed anche in questa scorribanda, i pirati allevavano galline per avere anche le uova, mangiavano carne secca, gallette e talvolta anche ammuffite.
Il Comandante FLINT, era un uomo tutto d’un pezzo era il terrore di quei mari, ed era stato eletto da tutta la ciurma riunita (dal timoniere all’ultimo mozzo).
Il suo compito era quello di pilotare la nave e portarla a destinazione altrimenti sarebbe stato destituito dalla ciurma e gettato fuoribordo.
La notte era ormai vicina e si svolgeva silenziosamente intervallata dagli scricchiolii del legno e dal fluttuare delle onde che s’infrangevano nella nave.
Tutti dormivano nei ponti su stuoini e al mattino, all’alba veniva dato uno dei due pasti.
Sicuramente non erano super abbondanti, ma prevedevano una piccola quantità di vino, legumi, riso, farina, lardo, pesce, carne secca, formaggio e miele.
L’equipaggio nonostante fosse composto da loschi personaggi aveva di certo appreso che doveva obbedienza al proprio capitano che non ammetteva insubordinazioni e gli uomini nonostante spesso si azzuffassero sapevano che non potevano commettere alcun delitto.
I Pirati anche in questa traversata, spesso si annoiavano e per passare il tempo giocavano a dadi o si azzuffavano, ma non era consentito oltrepassare la misura pena essere lasciati in un’isola deserta senza cibo e quindi a morte sicura.
L’intensificarsi dei venti e delle onde, del rincorressi delle nuvole non erano segni di buon presagio, al contrario presto, Flint e la sua nave sarebbero incappati in una furiosa Tempesta.
L’equipaggio fece passare a tutti una quantità di rum. Questa bevanda alcolica con un indice di alcool pari a 70 gradi, era da sempre un toccasana per rendere potabile l’acqua o usarlo al posto di medicinali per contrastare lo scorbuto, l’influenza ed altre malattie.
Sempre più spesso venne adottato anche per darsi forza.
Ammainata Coppa e Randa e diminuita la velatura, Flint dette alla ciurma le istruzioni per reggere alla tempesta e non scuffiare.
Le Onde si abbattevano nella prua della nave spazzando via ogni cosa, alcuni pirati per non finire tra i flutti s’erano legati ai pali delle vele con grosse corde, ma alcuni soccombevano sotto le onde che s’infrangevano sul ponte e sbattuti poi sul ponte.
Il Capitano nonostante fosse completamente fradicio teneva con forza il timone e quando la prua si abbassava repentinamente per poi rialzarsi osservava attonito le onde alte tanto da non vederne la fine, assecondando l’andamento.
Le botti di Rum rotolavano lungo la plancia per poi finire in mare; fulmini e saette illuminavano il cielo con chiarori accecanti.
Gli uomini impauriti, vomitavano o pregavano.
Un giovane pirata preso dal panico salì su un albero arrampicandosi come fosse stato “morso dalla tarantola” e Flint senza esitare gli intimò:
“Scendi o per te ci saranno solo frustate!!”
Il giovane rispose:
“Non voglio morire!”
La pioggia ed il vento sferzava e Flint ormai fuori di sé disse:
“Morirai sicuramente o per opera mia che ti scuoierò con il mio coltello o se non scendi il vento ti getterà tra i flutti e la morte sarà certa.”
A quelle parole Flint mise il coltello tra i denti e fece il gesto di salire, ma venne fermato dal giovane pirata che preso dal panico e tremante scivolò ed aggrappandosi ad una corda penzolava nel vuoto.
Flint allora si mise ad urlare:
“Via tutti voglio solo i miei fedelissimi ROGER, EDWARD, THOMAS e WILLY”
In un nano secondo, tutti andarono sottocoperta lasciando il Capitano e i quattro pirati e il malcapitato ragazzo alla mercé della Tempesta.
Roger s’arrampicò e riuscì a rimettere la vela maestra dando alla nave la possibilità di indirizzarla verso i flutti; gli altri con maestria riuscirono a prendere il malcapitato a penzoloni e a riportarlo sulla nave.
Dopo una scazzottata tra il giovane ed Edward per l’ulteriore pericolo che aveva dovuto affrontare per salvarlo, il tempo sembrava si stesse pian piano calmando.
Il vento si placò e le onde s’erano talmente addolcite che ora il mare pareva una “tabula rasa”.
Willy pronto con il cannocchiale scrutava l’orizzonte e dopo pochi minuti gridò:
“All’abbordaggio tutti pronti! Nave davanti a noi!”
Sulla nave tutti si equipaggiarono con fucili, coltelli, corde e i cannonieri pronti a sparare erano alle loro postazioni.
Flint munito di spada e coltelli era pronto a saltare sulla nave nemica con dietro di sé la sua ciurma ben agguerrita.
Molte erano le armi in possesso alla ciurma; stiletti (piccoli pugnali), sciabole (spada corta), pistole a pietra focaia, moschetti.
Per prima cosa Flint diede ordine di tagliare le sartie e le gomene a colpi d’ascia. Senza sartie, le vele sarebbero cadute sul ponte e la nave non sarebbe più stata in grado di navigare.
Flint sciabola alla mano, non aveva pietà di nessuno e fendeva i pirati tagliando gole e stomaci.
Flint ed i suoi ormai padroni della nave nemica, iniziarono a rompere a colpi d’ascia porte e forzieri colmi di tesori e medicinali, il cui valore era paragonabile all’oro.
Non avendo ancora preso possesso di tutta la nave gettarono bombe fumogene che precedentemente avevano preparato usando bottiglie con all’interno stracci intrisi di catrame che avevano acceso dando fuoco.
Questo deterrente metteva spesso in fuga gli avversari perché procuravano un forte fumo nero molto intenso che li spiazzava non facendoli respirare.
Solo allora Flint diede l’ordine di sparare con i cannoni.
Le palle di cannone avrebbero perforato la nave essendo fatte di pietra o ferro e la fine per la nave nemica sarebbe giunta a breve.
I pirati ormai dopo essersi appropriati di ogni cosa ritornarono a bordo trascinando anche alcuni prigionieri.
Sotto “mentite spoglie” i pirati non s’erano accorti che dei prigionieri non erano null’altro che delle donne travestite.
Le prigioniere camuffate da uomini riuscirono a non farsi scoprire sino all’arrivo della nave all’isola dove Flint e la sua ciurma viveva.
Una di esse, JEANE, comperò in seguito, delle navi con i suoi beni e negli anni successivi comandò navi di sole donne.
Temeraria, audace, bellissima con chiome seducenti, sempre in prima linea, con torcia sempre accesa in mano e spada saccheggiava ed era il timore di tutti per la sua ira quando abbordava una nave o un villaggio.
Chiamata “La Leonessa dei Mari” per il suo fisco statuario ed ammirato da ogni uomo, era la “spina nel fianco” di tutti; a quei tempi non v’era uomo che non la ricordasse per i suoi trascorsi ed era additata come un pirata tra i più temibili.
Inizialmente vestì abiti maschili proprio perché la sua audacia e il suo carattere ribelle non poteva essere sminuito dai maschi.
In seguito non indossò più gli abiti maschili ma si fece distinguere per il suo carattere, energia ed intraprendenza.
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