MIZZI e i CUCCIOLI

Siamo nella Campagna Veneta ai margini di un viottolo tra le sterpaglie una cagnetta abbandonata sta cercando disperatamente una sistemazione per poter dare alla luce i suoi piccoli.

Sicuramente degli umani, senza cuore avevano abbandonato Mizzi al suo destino, non curandosi del suo stato.

Assetata, con un incedere incerto si era spinta all’interno di un tombino di cemento abbandonato in mezzo al campo.

Dopo poco partorì tre cuccioli di color nocciola e con le zampette nere.

Stremata, strinse a sé i cuccioli e cercò di allattarli, nonostante ormai senza più forze si stesse lasciando andare.

Iniziò un temporale memorabile, lampi e tuoni illuminavano un cielo plumbeo con enormi nuvoloni neri ed una pioggia insistente creava rivoli d’acqua nel terreno arido.

Mizzi lanciò un latrato d’aiuto ed i sui piccoli tremavano come fossero stati elettrizzati da una scarica elettrica ma visto che “la fortuna aiuta gli audaci”, POLDO che per caso passò di lì senti quel richiamo d’aiuto.

Poldo era un ragazzo che abitava in un minuscolo Paesino formato da poche unità abitative, con una piazza, un Bar e poche piste per il gioco delle bocce.

La serata uggiosa aveva fatto decidere il ragazzo, di accorciare la strada attraversando quel campo con la sua bici da cross, dove Mizzi si era rifugiata.

Ben equipaggiato con un impermeabile e cappello a larghe tese verde, sentiti i lamenti di Mizzi, inchiodò la sua bici e dopo averla appoggiata ad un tronco d’albero si diresse verso il tombino.

La pioggia scendeva a “catinelle” e dal suo cappello, l’acqua cadeva sopra ai suoi occhiali gialli talmente forte che Poldo avrebbe avuto la necessità di usufruire di un tergicristallo.

Infilata la testa all’interno del tombino, s’accorse della famigliola e in un baleno, prese dalla tasca dell’impermeabile un piccolo zaino e ci infilò i cuccioli.

Mizzi iniziò a lamentarsi e a mordicchiare i pantaloni di Poldo.

Per nessuna ragione al mondo Mizzi si sarebbe staccata dai suoi piccoli.

Poldo capendo le ragioni di Mizzi la tranquillizzò, da un’altra tasca fece uscire una pezzuola che dispose tra il manubrio e l’asse che l’univa alla sella e presa Mizzi la pose sopra.

Mizzi scioccata per il susseguirsi di eventi tanto speciali e per la strana posizione che dovette assumere per rimanere in equilibrio con un filo di voce disse:

“Grazie amico”

Poldo trasecolò e chiese:

“Tu parli? Chi sei?”

Mizzi allora girò il capo verso Poldo e dopo avergli conferito con la lingua un bacio sulla punta del naso disse:

“Alcuni anni fa quando io ero una cucciola, una vecchia maga che detestava gli animali, mi fece un incantesimo e mi predisse che avrei migrato in molti Paesi, che avrei sofferto la fame e che la mia vita sarebbe stata molto dura. Solo se un giovane in una notte di pioggia m’avesse raccolto avrei avuto in dono l’uso della parola.”

Poldo dopo la spiegazione diede anche lui un bacio a Mizzi sulla testa e disse:

“E’ il tempo di muoversi”.

Poche pedalate e furono fuori del campo, imboccando nuovamente il viottolo, che li avrebbe condotti verso casa.

Poldo, in un battibaleno raggiunse l’aia della sua casa e fatta scendere Mizzi, accostò la bici al muretto della cucina, aprì lo zaino ed i tre cuccioli uscirono, saltellando e guaendo sino a raggiungere la loro mamma.

Dalla porta della cucina uscirono i nonni e Mizzi molto ossequiosa si parò davanti e li salutò.

“Buonasera, Signori io sono Mizzi e questi sono i miei cuccioli”

Nonna Serafina strabuzzò gli occhi da sotto gli occhiali e disse:

“Mizzi ma tu parli! Sei la benvenuta e sarai la mia compagnia”

Mizzi scodinzolando le se avvicinò e chiese:

“Ho tanta fame e devo allattare i piccoli mi daresti qualcosa? Se fosse possibile vorrei che Poldo mi facesse un bagno”

 

Nonna Serafina prese immediatamente una ciotola e mise del pollo con carote e piselli e glielo pose vicino a Mizzi.

Mizzi spazzolò il pollo in un nano secondo e dopo che Poldo in una grande bacinella le fece un copioso bagno con tanta schiuma, si accomodò in un angolino della cucina.

I Tre piccoli zampettando raggiunsero la madre e si attaccarono ai seni per mangiare a loro volta.

Passaro alcuni mesi e nonna Serafina insegnò molte cose ai cuccioli che divennero davvero bravi ed avevano imparato ad assolvere piccole incombenze (portare ciabatte, giornale, aprire frigo…) sollevandola da alcuni compiti.

Mizzi rimase sempre vicino a Serafina che divenne nel tempo la sua “CAGNETTA DA COMPAGNIA”

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