Fiabe: ARTEMISIA

Oggi vi sottopongo un nuovo racconto che è stato selezionato in un concorso fatto con Rudis Edizioni.( il tuo racconto inviato per il concorso “Fiabe e fantasy” è stato selezionato e ritenuto meritevole di pubblicazione all’interno di una raccolta che verrà pubblicata con Rudis Edizioni ed esposta presso la Fiera della Piccola e Media Editoria di Roma “Più Libri Più Liberi”. )

 

ARTEMISIA

 

Nel ridente Alfero, nella valle del Savio, nel cuore dell’Appennino Tosco Romagnolo, questo Paese apprezzato come, località turistica, viveva una vedova senza figli. La giovane, abitava in una stamberga, fatta di pietra, ma al contrario di quello che si può pensare, l’abitazione era sempre pulita ed in ordine.

Artemisia, aveva trentacinque anni e il suo aspetto comportava un corpo longilineo e lunghi capelli biondi raccolti in una grossa treccia.

Da qualche anno era rimasta vedova, perché il suo primo e grande amore era morto per un’incidente con la moto.

Tutto da quel giorno, era cambiato e lei si vide costretta a rivoluzionare la sua vita non avendo più introiti neanche per sfamarsi.

Il carattere della ragazza era solare, positivo e caparbio.

Nonostante le avversità dapprima si adattò ad umili lavori, ma tenace com’era, non si fece prendere dallo sconforto e abile com’era con filo ed ago, grazie agli insegnamenti di una mamma che faceva la sarta, ben presto iniziò una nuova attività.

Nel rione dove viveva, la conoscevano tutti e tutti le volevano bene perché era una ragazza assennata e con fermi valori morali.

Fu così che Gianni, soprannominato Mastro fornaio da tutti, si prese a cuore la giovane Artemisia che aveva tenuto a Battesimo.

Viste le vicissitudini della giovane ragazza e le sue misere finanze, Mastro Gianni le offrì di aprire la sua attività, come sarta, in un vecchio magazzino chiuso da diversi anni e che lui non usava.

Artemisia, felice di quella opportunità, immediatamente si adoperò a ripulire ed attrezzare il suo laboratorio.

All’inizio, arredò il magazzino sapientemente e con gusto, nonostante avesse poche cose.

Allestì con un vecchio tavolo della cucina, delle mensole, la vecchia macchina da cucire della mamma, carta velina per modelli, un manichino, gessetti, spilli, forbici e qualche spagnoletta di filo con i colori base.

Scrisse tanti bigliettini descrivendo tutti i lavori di sartoria e le riparazioni che poteva fare ed andò a consegnarli in ogni abitazione, suonando i campanelli e presentandosi.

Dopo pochi giorni, arrivarono i primi clienti ed Artemisia si mise al lavoro.

Mese dopo mese, puntuale rifinendo i capi con punti a mano ebbe molti riconoscimenti ed un negozio di abiti da bambino/a le commissionò un grosso ordine di abiti da cerimonia.

Artemisia accettò quell’ordine anche se comportava un grande rischio per la realizzazione di molti abitini in poco tempo.

Con lei fece venire a lavorare una ragazza orfana, diciottenne che proveniva da una città vicina, ma che aveva anch’essa imparato l’arte sartoriale dalla madre.

Comperati tessuti, nastri, pizzi…e fatti i modelli per il maschietto e la femminuccia lì sottopose alla proprietaria del negozio che non solo lì approvò, ma le concesse di ricamare un suo piccolo logo, che la identificasse.

Artemisia e Domitilla lige al loro lavoro dapprima si fecero una “scaletta” per descrivere gli steps(passi) da seguire su di una lavagna, in modo tale che il lavoro fluisse senza intoppi.

Era da poco passata l’alba ed il cielo si presentava ovattato da nubi candide le une sovrapposte alle altre.

Un cielo, lattiginoso e biancastro, era l’aspetto che rispecchiava perché carico di neve.

Domitilla bardata con sciarpa, berretto e guanti faticava ad aprire la serratura ghiacciata del portone del laboratorio; fece diversi tentativi e come per magia, finalmente la serratura scattò e spinto il portone sulla rotaia poté entrare richiudendolo alle spalle.

Posò la borsa sul tavolo e senza esitare accese una stufa che si trovava in fondo al locale.

Lentamente si spogliò dal piumino e sciarpa ed aprì i tendoni di due finestre.

Rimase per un attimo imbambolata alla visione della copiosa nevicata, che appoggiava candidi fiocchi di neve sul davanzale della finestra.

Destata dall’incanto di quella visione, come al solito s’accostò al tavolo e gessetto alla mano, dispose il tessuto segnandolo prima di tagliarlo, ma esitò perché una strana sensazione si stava impadronendo di lei.

Ebbe il presentimento che sotto al tessuto aleggiasse qualcosa di non definito.

Il tessuto sembrava prendere vita, per poi riposizionarsi e ritornare inerme.

Sconcertata ed incredula di ciò che le sembrava aver visto, si recò al bagno, s’accostò al lavandino e senza esitare, si risciacquò il viso per schiarirsi “le idee” che poco prima le offuscavano la mente.

Sicura di sé si rimise al lavoro.

Tutto proseguì normalmente sino all’arrivo di Artemisia.

Artemisia, entrò zeppa di neve e dopo essersela scrollata di dosso, salutò l’amica:

“Ciao, Domitilla tutto ok scusa il ritardo ma alla Posta c’era una lunga coda, ora mi metto a lavorare!”

Domitilla prima di rispondere all’amica, si guardò intorno guardinga e come per cercare la conferma che quello che aveva visto fosse frutto della sua immaginazione iniziò:

“Ciao Artemisia, tu non ci crederai…”

Dette le prime parole, una folata di vento caldo, dapprima avvolse le due ragazze in un vortice, per poi incunearsi tra le stoffe come a soffiargli la vita.

Pochi minuti dopo da una piega del tessuto uscì una minuscola Fata e le ragazze quasi inebetite, per quello che si stava verificando e tutto sotto i loro occhi, barcollando, caderono a terra sedute.

La fata mignon per le sue proporzioni, in effetti, era assai graziosa e forse rispecchiava per il suo abbigliamento, i tempi moderni.

I suoi capelli pieni di boccoli blu assomigliavano tanto per intensità di colore a quelli di qualche cantante che oggi è sulla breccia, la gonna era una mini rosa ed il top a righe verticali luminescenti, bianco e blu.

Come tutte le fate volava, grazie a delle mini alette trasparenti e poteva apparire e sparire a piacimento.

Dopo essersi materializzata si posizionò sopra ad una macchina da cucire e fissando le due giovani sarte, disse:

“Non abbiate paura sono Milly la fatina delle sarte e se sono qui, è grazie ad una persona che ora è in un’altra dimensione, ma che ha sempre nel cuore Artemisia e mi ha incaricato di aiutarvi e sostenervi nell’attività che state iniziando.”

Artemisia a quelle parole sbiancò ed iniziò a sudare freddo. Nessuno mai aveva pensato a lei se non il suo grande amore e con voce fioca e tremolante chiese:

“Dimmi chi ti ha mandato da me? Mi stai prendendo in giro piccola Milly?”

Milly volò sulla sua spalla e allungandosi verso il suo orecchio le sussurrò:

“Giovanni, ma non dirlo a nessuno è un segreto tra me e te”

Milly si sedette sopra ad una vecchia macchina da cucire ed intimò alle ragazze di sedersi.

Ora, continuò la fatina, applicherò un po’ di magia per aiutarvi, ma ricordate, l’incantesimo durerà una settimana; poi tutto tornerà come prima. Dovete ottimizzare al massimo questo tempo con gli aiuti che vi fornirò per incrementare il lavoro in modo tale da proseguire da sole con le vostre “gambe”.

Milly vibrò nell’aria e con la sua bacchetta magica toccò le macchine da cucire. Queste da due divennero quattro ultramoderne con innumerevoli funzioni compreso il ricamo.

Non ancora soddisfatta, iniziò a roteare su sé stessa sino all’apparizione di due gatte assai buffe per il colore del pelo.

Artemisia ringraziò Milly ma le chiese:

“Milly carissima, noi ti ringraziamo per l’opportunità che ci hai dato ma che ce ne facciamo di due gatte, che sono davvero un incanto, ma in questo momento noi ci dobbiamo dedicare al lavoro?”.

Milly allora scoppiò in una fragorosa risata e rispose:

“Si, sono due bellissime micie, e così dovranno sembrare a tutti coloro che le vedranno questa settimana, ma loro potranno interloquire con voi ed aiutarvi nel lavoro. Finita la settimana potrete decidere se tenerle con voi o farle ritornare a Fantasilandia.”

Artemisia dopo quelle spiegazioni, abbracciò l’amica e le disse:

“Ora non ci ferma più nessuno! grazie a Milly e grazie a quella persona che ti ha mandato da noi e che rimane nel mio cuore.”

Ora continuò Artemisia desidero vedere Gaia e Malù al lavoro.

In un “battibaleno” le due gattine si misero all’opera e cucirono i vestitini precedentemente tagliati diligentemente.

In breve tempo confezionarono gli abiti, così da strabiliare Domitilla ed Artemisia.

Domitilla coniò il nuovo logo con il nome: Fashion Chicks (ragazze della moda)

Furono ordinate delle piccole etichette in tessuto con la nuova scritta su fondo bianco e la scritta in oro.

Il lavoro sembrava proseguire nel migliore dei modi e Gaia e Malù sembravano delle macchinette caricate a molla cucendo abitini senza mai fermarsi.

Dopo pochi giorni gli abiti da cerimonia erano pronti. Le due sarte gasate per aver rispettato la tabella di marcia, apportarono piccoli aggiustamenti, stirarono gli abiti e li posero in appositi appendiabiti pronti ad essere consegnati.

Artemisia caricati gli abiti nella Station Wagon, si recò al negozio della cliente per recapitare la merce ordinata.

Gli abiti erano magnifici sembravano delle nuvole di pizzo e merletti per le bambine e quelli dei maschietti avevano un fascino incredibile da veri dandy.

La proprietaria del negozio fu talmente entusiasta che riordinò altri abiti e propose a Domitilla e d Artemisia di preparare una sfilata di moda che si sarebbe svolta a Milano.

Anche quest’esame venne superato dalle due ragazze che ebbero un grosso consenso sia da parte degli altri stilisti e sia dal pubblico e che riconfermarono la loro bravura e professionalità.

Artemisia e Domitilla a poco a poco consolidarono la loro amicizia e collaborazione lavorativa diventando due stiliste affermate nel parterre della moda.

Tutti in Paese erano fieri, per la nomea che il paese assunse grazie al lavoro delle giovani donne, ma le ragazze consce dell’opportunità fornitole, si adoperarono per qui ragazzi che trovandosi in difficoltà li supportarono offrendogli delle chance lavorative per migliorarsi.

Negli anni crearono una scuola dove insegnarono a tanti giovani l’arte sartoriale, fornendo così a tante aziende il supporter perfetto per la sartoria e la moda.

 

 

 

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