Tino

Tino, il postino di Acquasanta un paese, delle Marche era al suo primo incarico lavorativo e felice per questa opportunità svolgeva il suo lavoro con solerzia e senso del dovere.

Dopo aver conseguito la maturità con il massimo dei voti, Tino aveva deciso di tentare ad entrare alle Poste per sgravare i propri genitori dal suo mantenimento e mantenersi da solo.

Inviato il proprio curriculum on-line ricevette un test da effettuare, via web e tutte le spiegazioni necessarie per il suo svolgimento.

Superato il test venne contattato per un colloquio e per effettuare la prova pratica di guida su un motomezzo 125 cc a pieno carico di posta, il cui superamento è condizione essenziale senza la quale non potrà aver luogo l’assunzione.

Tino benché fisicamente non si presentasse molto prestante, ma al contrario risultasse alquanto gracile fu assunto.

Quella prima mattina di lavoro, non poteva disporre della moto fornita dalle poste, perché guasta e così si dovette adattare a consegnare le lettere in bicicletta.

Nonostante quel primo handicap, Tino era euforico per l’assunzione e non si fece abbattere ma iniziò il suo giro pedalando a più non posso.

Lungo il tragitto, Tino, incontrò Luca il meccanico che fischiettava e che a lunghi passi percorreva la strada che corteggiava i giardini.

Mantenendo in equilibrio la bici dal grande peso della sua borsa, salutò scapicollandosi l’amico e sorpassandolo a grande velocità si diresse verso il centro del paese.

Di lì a poco, incrociò Vanessa, la parrucchiera del paese, che confabulava con delle amiche e a mano della sua piccola Camilla, che senza farsi accorgere lasciò la mano della mamma e si diresse verso un buffo omino vestito da pagliaccio che vendeva palloncini.

Il tale senza porsi domande, regalò un palloncino a Camilla la quale, piccola ed esile; fu dapprima trascinata dal palloncino che di lì a pochi attimi, grazie ad una folata di vento iniziò a vibrare nell’aria trascinando Camilla tra le nuvole.

La bambina per nulla impaurita salutava le persone di sotto con la mano.

Fu in quell’istante che Vanessa s’accorse di cosa stava succedendo e non sapendo cosa fare, chiamò i pompieri.

Nel frattempo, un gruppo di persone incuriosite da quell’avvenimento, fecero capannello con la testa all’insù increduli sull’esito di quella povera piccina.

Tutti si mobilitarono, arrivarono i pompieri che stesero a terra un gran materasso nella speranza che la bambina si gettasse proprio in quella direzione.

Camilla, sempre appesa a quel palloncino iniziò a gridare con quanta voce avesse in corpo e disse:

“Ehi laggiù io voglio scendere qui fa freddo come faccio?”

Vanessa ed il capo dei pompieri con un megafono cercarono di tranquillizzare Camilla e grazie ad Aria, la fata dei cieli che apparve con il suo cavallo alato Camilla venne tratta in salvo.

 

Aria, si avvicinò a Camilla, la prese tra le sue braccia, la tranquillizzò ed in groppa al suo cavallo, la depositò vicino alla sua mamma.

Dopo attimi di spavento, madre e figlia si poterono riabbracciare e Vanessa ringraziò fata Aria per aver salvato la bambina.

Tino che nel frattempo aveva assistito con la sua bicicletta a mano si rimise a consegnare la posta; forse aveva perso del tempo ed ora doveva sicuramente rimettersi in carreggiata e consegnare l’ultimo pacco di lettere rimastole nella borsa.

Inforcò nuovamente la sua bici e alla fine della via salutò Teresa una sua collega che aveva conosciuto alla prova.

Teresa era una giovane ragazza allampanata con delle lunghe trecce forse un po’ derisa per il suo aspetto fisico ma dolce e benvoluta da tutti perché sempre disponibile ad aiutare chi le chiedesse qualcosa.

 

Tino consegnata l’ultima lettera, raggiunse Teresa, sapendo che poco prima era inciampata in una buca creatasi, nel viottolo di ciottoli di porfido e s’era slogata la caviglia.

Zoppicante, ma ligia a concludere anch’essa il suo giro ringraziò Tino dell’aiuto e terminata la consegna delle lettere, Tino caricò Teresa nella bicicletta e la portò a casa.

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