Arte ed Amori di Nicoletta Rinaldi

Siamo in pieno inverno, Federica corre a più non posso, sperando di arrivare in tempo prima che l’autobus parta con il suo carico di studenti diretti a Padova.

Federica come ogni mattina sempre trafelata, perché perennemente in ritardo, dopo aver trovato posto vicino al finestrino nella fila di sinistra, si aggiusta i capelli e dallo zaino fa uscire specchio e trucchi per darsi un leggero tocco di fondotinta, dell’ombretto e un leggero rossetto carne.

Il tempo per il makiage c’è perché il tragitto sino a Padova è di circa venti minuti e Federica ha così il tempo necessario per riassettarsi.

Veste un paio di pantaloni sdruciti, come impone la moda, una maglietta ad una manica ed un giubbino con bottoni e borchie assai particolare.

I capelli questa settimana, sì perché Federica gli cambiava colore e look, avevano i colori dell’arcobaleno ed erano raccolti in una treccia con del nastro.

È una ragazza sicuramente bella ed intrigante, ma forse la sua giovane età la rende ancora insicura e bisognosa di rassicurazioni, anche se la sua estrosità nel vestire e nell’atteggiarsi era di sicura attrazione per entrambe i sessi.

Una diciasettenne che si affaccia al mondo dopo essere stata la “cocca” di papà perché primogenita e perché la sua vena artistica ancora embrionale la faceva risultare diversa dalle altre sorelle, non era sufficiente a farla sentire sicura di sé stessa.

In un’ala della casa il padre le aveva allestito uno studio dove lei si rifugiava e creava le sue opere artistiche ora quadri figurativi ora quadri astratti dove Federica rappresentava la sua essenza, ciò che più recondito era in lei riusciva ad esprimerlo in un tripudio di colori e forme dandogli vita.

La sua vena artistica era altalenante e non sempre, anzi spesso, dopo aver dipinto su carta o tela un dipinto, insoddisfatta lo faceva a pezzi.

Il padre di nascosto quando lei non era nei paraggi, s’intrufolava in quello studio e raccoglieva i dipinti su carta per rassembrarli e farne dei quadri.

Federica viveva nella periferia padovana in una villa del settecento, ma frequentava il Liceo Artistico P. SELVATICO e per andare al liceo o si spostava con lo scooter o con l’autobus.

Questo Liceo è una scuola fra le più antiche di Padova, fondata nel 1866 e Pietro Selvatico suo fondatore la volle per dare una vera formazione ai giovani artigiani.

Negli anni subì diversi cambiamenti e divenne a pieno titolo a far parte dell’area artistica del sistema scolastico italiano.
Con la Riforma della scuola il Selvatico si è trasformato a tutti gli effetti in un Liceo Artistico.

Il percorso formativo di Federica in questo liceo le aveva fornito quegli strumenti necessari per diventare negli anni l’artista riconosciuta che dormiente c’era in lei.

Estrosa, amante dei colori, ma soprattutto dell’abbinarli con maestria, dell’abbigliarsi esprimeva in tutte le sue esternazioni la mattatrice che prima o poi si sarebbe rivelata anche in società.

I primi anni di liceo passarono abbastanza anonimamente acquisendo le varie tecniche e questo tipo di scuola, Federica l’aveva scelta perché le offriva l’opportunità di acquisire delle competenze spendibili alla conclusione del quinquennio di studio.

Lei frequentava il quarto anno e in quell’anno la sua espressione pittorica iniziò a dare i suoi succulenti frutti.

Partecipò a numerose mostre e vinse diversi primi premi. Questo fatto, riuscì più tardi a metterla in competizione anche con alcuni insegnanti che l’apprezzavano e che in maniera un po’ subdola ne “rubacchiavano” alcune tecniche pittoriche.

L’impatto con quella nuova realtà fece sbocciare in lei quella vena artistica forse fino allora un po’ repressa.

Divenne Architetto, ma non ancora soddisfatta si recò all’estero per visitare città ed architetture all’avanguardia.

Passarono ancora alcuni anni e Giada progettò “LA CITTA’ da VIVERE”.

Questo progetto, fu veramente un capolavoro degno di una grande artista e di un grande architetto.

Frequentò anche dei Master all’Accademia a Venezia e con una super amica si trasferì in quella città, dove acquistò un loft che ristrutturò facendone un’abitazione unica e particolarissima.

Questo vecchio magazzino dava all’interno su un canale e la particolarità fu quella di creare delle enormi vetrate antisfondamento, che fornivano l’impressione di essere quasi sommersi dal canale ed avevano un sistema di oscuramento particolarissimo e all’avanguardia.

Materiali ultramoderni, rispetto di tutte le norme ecosostenibili erano per Federica una priorità e nella sua casa desiderava vi fossero materiali ultratecnologici ma compatibili con Madre Natura.

Pavimenti in legno e grandi travi al soffitto e tanto vetro rendevano l’ambiente moderno e caldo, alla parete di fondo, Federica aveva fatto un affresco gigantesco all’interno di una nicchia, che rappresentava in chiave moderna la sua vita sino all’arrivo a Venezia.

Il loft di oltre 400mq prevedeva anche un giardino d’inverno; una grande estensione della casa verso l’esterno con vetrate scorrevoli e tante piante di vario genere rendeva quel loft unico e particolarissimo.

Francesca, condivideva con una sua amica Federica, il loft.

 

L’amica era la sua confidente e benché avessero un carattere estremamente diverso, l’amicizia tra loro era ormai consolidata da molti anni.

Il rispetto e l’aiutarsi reciprocamente nei momenti di bisogno aveva reso questo legame solido e duraturo.

Avevano frequentato lo stesso liceo ed avevano molti interessi in comune.

Ora Federica e Francesca avevano un desiderio nel cassetto, l’opportunità di diventare delle restauratrici di beni storici- artistici.

Questo progetto le aveva accomunate a scegliere Venezia per frequentare master e corsi in arte dopo aver acquisito la laurea.

I master frequentati dalle due ragazze erano volti a prepararle sotto ogni profilo a saper restaurare dipinti su tela di valore inestimabile che si trovano nelle maggiori città d’arte e dopo quello veneziano le attendeva un master a Firenze.

I corsi prima degli esami finali erano frequentati da pochi allievi per poter offrire loro un insegnamento di qualità e quasi individuale.

Una mattina, Federica e Francesca intente a pulire un dipinto rimuovendo della polvere con metodi ‘dry cleaning, furono interrotte da Marco e Leonardo, che con una scusa banale si spostavano verso la loro postazione muovendosi, come degli infanti, a “gattoni” cercando un ipotetico pennello.

La scena agli occhi di tutti era davvero grottesca; vedere due ragazzoni di oltre un metro e ottanta spalmati sul pavimento che con aria sorniona cercavano qualcosa d’inesistente, aveva acceso il sorriso di Federica e Francesca.

Federica non riuscendo a trattenersi scoppiò in una fragorosa risata ed al contempo allungò il braccio verso ad uno dei due per farlo rialzare in piedi.

Leonardo con aria scanzonata ormai in posizione eretta, si rassettò il ciuffo di capelli, allungò la camicia sui fianchi e disse:

“Ciao ragazze, sono Leonardo e quello laggiù è Marco”

Federica e Francesca all’unisono con la mano, come usava la Regina Elisabetta, lì salutarono senza dire una parola.

Leonardo sicuramente il più intraprendente dei due, volle rompere il ghiaccio chiedendo:

“Sono le dodici ed il corso è finito possiamo invitarvi per un sandwich ed un prosecco?”

Federica e Francesca acconsentirono e tutti e quattro si diressero verso l’uscita.

Diretti verso Piazza Ferretto si sedettero a Bistrot 55 ed ordinarono come promesso Sandwich e quattro calici di prosecco.

Leonardo (il nome significa “leone valoroso”) e Marco (derivante da Marcus dio della Guerra) erano un connubio di ragazzi, conosciutasi da piccoli all’asilo, straordinari per il loro grado d’amicizia, di sintonia, di spregiudicatezza e simpatia.

Entrambi laureati in architettura avevano deciso per quel Master di restauro che avrebbe aggiunto valore alla professione con altri già acquisiti.

Dopo l’aperitivo i quattro ragazzi si salutarono perché alle prime ore pomeridiane avrebbero ripreso il master.

Federica e Francesca tornarono a casa e velocemente si rinfrescarono e si cambiarono d’abito.

Federica indossò un abito jeans leggero aderente, con spalline sottilissime, spacco laterale alto bordato da una rouce sbieca su sandali con tacco dodici.

Francesca jeans strappati toppino che lasciava intravedere poca pelle ambrata e anch’essa sandali dorati tacco dodici, pronte le due amiche si presentarono puntuali al corso.

Il pomeriggio trascorse velocemente perché impegnatissimi su delle tele da restaurare.

L’offerta di Leonardo non si fece attendere e prima della chiusura del corso arrivò alle ragazze un biglietto con lo schizzo del campanile di San Giorgio Maggiore e con queste parole:

“Ragazze che ne dite se dopo tanto lavoro andassimo a cenare alla Giudecca?

Federica dopo aver letto ad alta voce il biglietto all’amica le disse:

“Che dici ci stanno provando? Perché non gli diamo un po’ di corda?”

Le amiche dopo essersi date una pacca alle spalle, inviarono un aereo di carta a mo’ di risposta come fanno gli alunni delle elementari, sì perché quello non era che null’altro che un gioco.

Quella sera i quattro ragazzi vollero concedersi un premio ed usciti dal Master, a braccetto a due a due si diressero verso la Giudecca all’hotel Cipriani per ricevere una “coccola” da un ristorante Romantico dopo una giornata lavorativa.

Arrivati al ristorante che definirlo un “salotto” mi sembra poca cosa, scelsero un tavolo con vista sulla Laguna a lume di candela.

L’atmosfera fiabesca venne temporaneamente interrotta dall’arrivo dei cocktail e di un fragoroso “Cin – Cin”

dei quattro.

Seguirono le ordinazioni e lo chef Canella offrì dei piatti non solo ammirabili alla vista, ma che avevano dato prova di gusto e bontà ai palati raffinati di questi ragazzi.

Tra chiacchere e piccole gags dei due architetti la cena fu piacevole e divertente.

All’uscita dopo pochi passi, Federica involontariamente, infilò il tacco in una fessura tra due pietre e dopo aver barcollato come una “pianta al vento” e non trovando appiglio, scivolò dritta nel canale.

Senza esitazione all’istante, Leonardo la soccorse e lei fradicia e tremante come un pulcino si strinse a Leonardo avvertendo un tremore non paragonabile al freddo.

Velocemente lui si levò il suo giubbino di nappa e glielo infilò.

Forse quel gesto o lo stesso contesto in cui s’erano verificati i fatti avevano dato “fuoco alle polveri” e tra i due s’accese la passione.

In questa fase iniziale l’alchimia giocò un ruolo predominante tra i due e l’attrazione fisica giocò un ruolo importante mettendo in azione i fattori ormonali, che determinano in questa prima fase l’innamoramento facendogli percepire accelerazione cardiaca e farfalle nello stomaco.

Tutte queste sensazioni inizialmente fingono da “miccia” è come quando accendiamo un piccolo petardo l’effetto è l’accensione repentina ed il botto, poi tutto svanisce o si consolida in un rapporto ove subentra la psiche.

Solo più tardi un consapevole ed approfondito rapporto dove le esperienze importanti, della vita quotidiana vengono condivise, si tramuta in vero Amore.

Federica conscia di quelle strane vibrazioni che il suo corpo trasmetteva si ricompose e si fece riaccompagnare a casa.

Quando le due ragazze furono a casa, salutati i cavalieri, Francesca si diresse verso il bagno ed aprì la doccia ed i vari getti con acqua calda, poi invitò l’amica ad infilarsi sotto per ritemprarsi dopo quella cattiva esperienza.

Federica si spogliò velocemente ed entrata accese la musica e si posizionò sotto alle cascate d’acqua calda facendosi abbracciare da quei getti soporiferi.

Uscita avvolta in un accappatoio di spugna paragonabile ad una nuvola che l’avvolgeva, se ne liberò indossando una camicia di raso di seta écru e sprofondò nel suo lettone ultramoderno.

L’indomani rinfrancata da un sonno di diverse ore, si diresse in cucina dove Francesca più mattiniera, aveva preparato la colazione. Succo d’arancia, due cappuccini con una montagna di schiuma e corn flakes integrali senza zucchero.

Francesca chiese a Federica se la notte trascorsa l’aveva rinfrancata e dopo alcune rassicurazioni, fecero colazione.

Era sabato e nel fine settimana erano libere da impegni visto che il corso di restauro aveva lezioni dal lunedì al venerdì; quindi trastullandosi sul divano ed ascoltando musica s’erano messe a leggere entrambe un quotidiano.

Verso le undici del mattino, vestite con dei mini abiti come impone la moda ’22 e con il loro fisico da top model escono di casa per alcuni acquisti.

Sicure sui negozi da raggiungere si dirigono verso Ponte di Rialto, dal lato di S. Polo dove vi sono diversi negozi ma dove le due amiche volevano acquistare “le Furlane” veneziane tipiche pantofole di velluto uniche per il suo genere; per i tessuti, i colori, le stoffe e le trame. Le furlane sono realizzare in modo ecologico, riutilizzando materiali di pregio e con metodi che appartengono alla tradizione con l’introduzione di qualche innovazione sostenibile.

Poi si spostarono in alcune boutique dove acquistarono due abiti e un paio di pantaloni a vita alta ed una tuta fantastica ed ovviamente tutti i capi firmati.

Uscite da questo giro di boutique, munite di pacchetti e pacchettini ritornarono al loft.

Stremate ma molto gasate per i nuovi acquisti sprofondarono nel divano lasciando i vari sacchetti sul pavimento insieme ai loro sandali.

Suona un cellulare è quello di Francesca, che dopo mille difficoltà riesce a “riesumare” da una borsa straripante di oggetti utili e non.

Dopo diversi squilli Francesca risponde:

“Pronto chi parla? Sono Francesca”

“Ciao sono Marco, ti ricordi l’amico di Leonardo e per questa sera avremmo un piccolo progetto da sottoporvi, siete libere tu e Federica?”

Federica fece un cenno con il capo e Federica ancora al cellulare acconsentì al progetto e disse a Marco:

“Noi acconsentiamo ad uscire con voi a scatola chiusa, visto che non sappiamo il contenuto della serata ma mi raccomando attenti a voi se non sarete all’altezza!”

L’appuntamento è nel pomeriggio alle diciotto e come promesso i quattro si trovano a San Marco per vedere una Venezia insolita, affascinante e piena di mistero.

Il tour e per riscoprire una città che all’imbrunire la laguna e i suoi palazzi si animano di fantasmi e di personaggi bizzarri.

Tante leggende, superstizioni, delitti, tradimenti costituiscono l’anima per alimentare il fuoco di una città unica al mondo.

Il tour fu esaltante perché poterono visitare dal ponte del Diavolo, alle calli dei preti per puntare poi all’isola di San Michele, alla ricerca di cadaveri che anni dopo riaffiorano in laguna.

L’accompagnatore, un personaggio stranissimo raccontò di leggende, di tracce visibili di stregoneria, di uccisioni sicuramente s’alternava tra finzione e realtà ma il risultato fu sicuramente positivo e i ragazzi ormai immersi nella parte, a sentir parlare di fantasmi e di luoghi ameni, si rincuoravano stringendosi o abbracciandosi.

Era ormai il tramonto e Piazza S. Marco s’illuminava grazie ai suoi lampioni e l’acqua, le case, i ponti prendevano una luce particolare tipico di quelle ultime ore di luce.

Federica espresse un desiderio ora che i turisti erano scemati, voleva fare delle foto al Ponte dei Sospiri che non più attraversato ed illuminato destava in lei una grande emozione.

Seduti poi in un locale osteria sul genere “OSTERIA” presero un calice di prosecco accompagnato da “cicchetti” e seguirono con un “bacaro tour” ovvero sostando e bevendo in queste mini osterie.

Francesca e Marco e Federica e Leonardo, leggermente avvinazzati ed allegri si scambiavano effusioni difficilmente comprimibili dopo una serata così ricca d’emozioni.

Leonardo e Marco ad un certo punto decisero di fare una gara, in un mini percorso che prevedeva un ponte per verificare che se i “fumi dell’alcool” erano svaniti.

Le ragazze si misero una difronte all’altra e con un fazzoletto decretarono la partenza.

Vinse per una “tacca” (per poco), Leonardo che euforico prese in braccio Federica e la depositò sopra ad un muretto per poi stringerla a sé e baciarla appassionatamente.

Il bacio si prolungò e Francesca forse per togliere dall’imbarazzo Marco, lo spinse vicino ad un portone e lo baciò a sua volta.

Marco preso alla sprovvista, ma alquanto invaghito di Francesca ricambiò quel bacio prendendole con le mani, i capelli e poi riempiendola di baci sul collo e sul viso.

La serata non aveva ancora raggiunto il suo culmine e così decisero di entrare in un locale per ascoltare della musica.

Entrarono a Molocinque è una delle più frequentate discoteche di Venezia e della provincia. I ragazzi l’avevano scelto perché potevano ascoltare vai tipi, dalla musica house, techno, pop, fino ai ritmi latini e ai successi anni ’70 e ’80 e Federica e Francesca approvarono la scelta.

Ballarono ed al contempo ebbero modo di scambiarsi varie effusioni, tutto indicava che tra quei ragazzi v’era attrazione e quel desiderio di esternare con “ti mangerei di baci” indicava come anche a livello olfattivo i ferormoni avevano fatto centro e quella “puzza di pelle” li attraeva ed aveva giocato un ruolo determinante nella scelta.

Federica prese il cellulare e vide che l’orologio segnava le due.

Stanca propose per tutti un buon sonno e così lasciarono il locale.

La mattina seguente erano circa le dieci e suona il campanello di casa.

Francesca va al citofono e prima di parlare vede un ragazzo con in mano due mazzi giganteschi di rose.

La ragazza apre il portone e gli va incontro. Si fa lasciare i mazzi di fiori e consegna al ragazzo una “mancia”.

I mazzi stratosferici portavano dei biglietti ricavati da carta riciclata con entrambi dei piccoli schizzi che rappresentavano innegabilmente Francesca e Federica.

Ogni mazzo aveva un biglietto e quello di Federica riportava le seguenti frasi:

“In pochi giorni, in me un uragano m’ha invaso e destabilizzato. Facendo una disamina, questo è spiegabile solo con la parola Amore. Tu mi completi e l’universo a cui appartengo oggi ha senso solo perché ci sei tu che condividi con me le nostre emozioni. Ti Amo. Ti chiamo nel pomeriggio. Baci.

Leonardo.”

L’altro biglietto quello indirizzato a Francesca riportava:

“Un brivido m’accarezza quanto ti penso e la voglia di te m’assale. Il separarmi da te, mi fa capire che mi manca l’ossigeno per respirare e questo mi dice che, il sentimento per te è amore. Desidero sentirti presto, appena posso ti chiamo. Marco”.

Le due ragazze dopo aver letto i rispettivi biglietti e non avendo più appiglio nelle gambe, caddero nel divano e guardandosi incredule borbottarono insieme:

“Mi Ama? – Mi Ama?”

Ripresasi, entrambe dallo shock di quella rivelazione inaspettata, iniziarono a fare delle considerazioni.

Federica e Francesca erano sicuramente attratte da quei ragazzi e la chimica tra loro era palpabile ma forse, essendo passati pochi giorni dal loro primo incontro non s’erano “guardate dentro”; non avevano fatto un’analisi dei loro sentimenti e sentire che i loro partner erano innamorate di loro, le aveva messe in una condizione di ricercare e capire il loro “status” nei confronti dei rispettivi ragazzi.

Le due amiche che sino ad allora avevano avuto qualche piccola infatuazione per qualche ragazzo, capirono che quel sentimento era qualcosa di diverso.

L’amore provato per il partner, si consolidava sempre più e mentre il tempo passava ogni coppia vedeva crescere rispetto, stima, fiducia sino a fondersi e sentirsi una cosa sola.

Passò qualche anno sino all’affermarsi di una solida carriera, poi le due coppie unite anche da una solida amicizia decisero di convolare a nozze insieme e vi fu una “mega” festa a Venezia ripresa da giornali e tv.

 

 

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